Maternità surrogata: si pronuncia la Corte Edu

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27/06/23

La Corte EDU, con decisione unanime del 22 giugno 2023, ha ritenuto inammissibili tre istanze (n. 10810/20, n. 47998/20 e 23142/21) di coppie omosessuali ed eterosessuali contro lo Stato italiano sulla decisione di non consentire di trascrivere automaticamente nei registri dell'anagrafe gli atti di nascita riconosciuti all'estero di figli nati tramite maternità surrogata.

Per la Corte, il mancato riconoscimento da parte delle autorità italiane degli atti di nascita stranieri non ha inciso significativamente sul godimento da parte degli interessati del loro diritto alla vita privata e familiare, ma resta importante tutelare i diritti del bambino. Infatti, i giudici di Strasburgo, ricordando la possibilità di accedere in Italia all'adozione del figlio del proprio partner (c.d. stepchild adoption), ha sostenuto che non vi fosse un impatto tout court sul diritto alla vita familiare dei ricorrenti, evidenziando la centralità degli interessi del minore, i quali non dovrebbero dipendere esclusivamente dall'orientamento sessuale dei loro genitori.

Le decisioni della Corte EDU del 22 giugno 2023 si instaurano nel contesto di un rifiuto delle autorità italiane di trascrivere nei registri dello stato civile gli atti di nascita stranieri di bambini legalmente concepiti all'estero per maternità surrogata e i cui genitori di intenzione (tre coppie omosessuali e una coppia eterosessuale) sono italiani, in quanto la gestazione per altri è contraria al diritto italiano.

I ricorrenti - genitori e figli – hanno così denunciato una violazione da parte dello Stato italiano dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, e cioè il diritto alla vita privata e familiare, considerato isolatamente e combinato con l'art. 14 della medesima Convenzione.

Il rifiuto delle autorità italiane deriva dal fatto che la gravidanza per altri (GPA) è vietata dalla legge italiana, come hanno anche ricordato i giudici della Corte EDU, i quali hanno al tempo stesso sottolineato che tale legge era nota ai ricorrenti ma che, tuttavia, hanno deliberatamente ignorato.

I giudici di Strasburgo, come si legge nel testo di una delle decisioni della Corte, hanno argomentato sostenendo che se da una parte è vero che lo Stato italiano non consente la trascrizione dell'atto di nascita per quanto riguarda il padre d'intenzione (quindi, non biologico) garantisce però tramite l'adozione la possibilità del riconoscimento giuridico. E, proseguendo nella valutazione della causa, la Corte ha affermato che per ottenere tale riconoscimento giuridico bisogna richiedere la trascrizione dell'atto di nascita per il genitore biologico, circostanza non avvenuta nel caso di specie. Alla luce di ciò, «la Corte considera che l'Italia non ha oltrepassato nella fattispecie l'ampio margine di valutazione di cui dispone in materia di attuazione dei mezzi che permettono di stabilire o di riconoscere la filiazione».

Pertanto, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che il mancato riconoscimento da parte delle autorità italiane degli atti di nascita stranieri non abbia sostanzialmente inciso significativamente sul godimento da parte degli interessati del loro diritto alla vita privata e familiare. La Corte conclude quindi che le difficoltà pratiche riscontrate dai ricorrenti nella loro vita familiare, dovute ad una mancanza del riconoscimento nel diritto italiano del vincolo di filiazione, potrebbero essere in parte risolte mediante il riconoscimento del vincolo di filiazione del padre biologico dopo una richiesta di trascrizione parziale dei certificati di nascita.

Al contempo, appare importante evidenziare che la Corte EDU ha rilevato che nella sentenza n. 33 del 2021 la Corte costituzionale italiana, in linea con i ricorsi in esame, ha espresso la speranza che il legislatore consideri tutti i diritti e gli interessi in gioco e trovi una soluzione che adatti la legge esistente alla necessità di proteggere i bambini nati attraverso la maternità surrogata, disciplinando l'adozione, se necessario, in modo più appropriato alle caratteristiche particolari della situazione in questione.

La Corte EDU osserva altresì che la Corte costituzionale italiana, nell'esame delle questioni di costituzionalità sullo stato civile dei bambini nati tramite GPA, ha ricordato “la necessità che le autorità riconoscano i legami del minore con la sua famiglia in modo che il minore possa essere identificato legalmente come membro della famiglia in cui vive”. La Corte costituzionale ha chiarito, inoltre, che la discussione nel caso di specie non riguardava diritti genitoriali delle persone che si occupano del bambino, ma gli interessi del minore, e che tali interessi dovessero essere soppesati rispetto all'obiettivo legittimo dell'ordinamento giuridico, ossia quello di scoraggiare l'uso della maternità surrogata, nonché reato punibile.

Nonostante la pronuncia di inammissibilità dei vari ricorsi contro l'Italia sulla trascrizione all'anagrafe degli atti di nascita, legalmente riconosciuti all'estero, per bambini nati tramite la maternità surrogata, secondo i giudici «il desiderio delle coppie di veder riconosciuto un legame tra i bambini e i loro genitori intenzionali non si è scontrato con un'impossibilità generale e assoluta, dal momento che avevano a disposizione l'opzione dell'adozione e non l'avevano utilizzata». Dunque, nelle motivazioni, la Corte EDU chiarisce che i ricorrenti non possono lamentare la violazione degli artt. 8 e 14 della Convenzione EDU in quanto dal 2014, grazie ad una giurisprudenza, in Italia è possibile accedere all'adozione del figlio del proprio partner, la c.d. stepchild adoption, introdotta dalla l. 4 maggio 1983, n.184 al fine di tutelare il diritto del minore alla famiglia in situazioni che non avrebbero consentito di arrivare all'adozione piena, ma nelle quali l'adozione rappresentava una soluzione opportuna.

Ma la Corte ha anche sottolineato che l'interesse superiore del minore include, tra le altre cose, l'identificazione legale delle persone che hanno la responsabilità di crescerlo, provvedere alle sue necessità e garantire il suo benessere, nonché la possibilità di vivere in un ambiente stabile. Per questo motivo, i giudici affermano che «il rispetto della vita privata del minore esige che il diritto interno offra la possibilità di riconoscere un rapporto di genitorialità tra il minore e l'aspirante genitore», aggiungendo che «gli Stati hanno una discrezionalità limitata" su questo principio.

Respingendo i ricorsi, la Corte EDU ha quindi avvertito i legislatori italiani, evidenziando la centralità degli interessi del minore; interessi che non dovrebbero dipendere esclusivamente dall'orientamento sessuale dei loro genitori.

La statuizione della Corte EDU ha così acceso nuovamente il dibattito italiano sul tema, avviando l'idea di una possibile soluzione legale per i bambini nati finora.

Fonte: DirittoeGiustizia

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