Il reato di tortura: si pronuncia la Cassazione

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06/06/22
Articolo

Dal 2017 nel nostro Codice penale si parla di tortura.

Certamente il reato di tortura non nasce nell’era della generazione Y e nemmeno in quella della generazione Z, ma solo cinque anni fa si è sentita la necessità di parlarne, ancora. 

Per una volta, però, si è andati oltre le parole: i dibattiti, i propositi, le promesse sono diventate legge e hanno dato vita agli articoli 613-bis c.p. e 613-ter c.p., che rispettivamente disciplinano il reato di tortura e il reato di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura.  

Purtroppo, la scelta di inserire queste due nuove fattispecie di reato non è anacronistica come si potrebbe ritenere. Basti pensare ai fatti del G8 di Genova dell’estate del 2001 e a quanto ancora accade, a distanza di vent’anni, nelle carceri italiane.  

Si è tornati a parlare di tortura dopo i fatti avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, luogo in cui si sono consumate, durante il periodo emergenziale, vere e proprie spedizioni punitive nei confronti dei detenuti. 

Sulla questione si è pronunciata anche la Corte di Cassazione, che in uno dei passaggi della sentenza 8973/2022 ha affermato che il reato di tortura è stato configurato dal legislatore come reato eventualmente abituale“potendo essere integrato da più condotte violente, gravemente minatorie o crudeli, reiterate nel tempo, oppure da un unico atto lesivo dell'incolumità o della libertà individuale e morale della vittima, che però comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona", specificando che la locuzione “mediante più condotte” va riferita non solo ad una pluralità di episodi reiterati nel tempo, ma anche ad una pluralità di contegni violenti tenuti nel medesimo contesto cronologico.

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